Sa Pippia de Maju
- 159 - - 158 - in maschera come consuetudine. É probabile che, l’elemento maschera sia stato inserito nella tradizione della Giostra come prassi, nel momento in cui questa si è naturalizzata nel Carnevale, in quanto occasione extra ordinaria e di rivolgimento del tempo comunitario. 197 Questo simbolo quindi, potrebbe aver assunto in tale contesto una nuova connotazione. Sono molti gli autori che argomentano le connessioni tra l’apparizione delle maschere e specifiche scadenze temporali (Per citarne alcuni: MANNHARDT 1963; TOSCHI 1955; PROPP 1978; ELIADE 1999; BUTTITTA 2013). Etnologi, demologi, storici delle religioni, (DUMÉZIL 1929; LÉVI STRAUSS 1952; KERÉNY 1979; LOMBARDI, SATRIANI 2003; GRIMALDI 2003) riconoscono nei mascheramenti: “ prevalentemente quando non esclusivamente, epifanie di defunti, antenati, potenze ctonie, spiriti della terra e della vegetazione ” (Buttitta 2013:181). Nell’apparato festivo Carnevalesco dell'area euro-mediterranea, lamaschera assume un ruolo specifico nel rappresentare i morti, queste figure dell’alterità diventano protagoniste in precisi cerimoniali connessi alle attività produttive (BUTTITTA 2013: 176-187). Scrive a tal proposito lo studioso I.E. Buttitta: I simboli dell’alterità carnevalesca s rebbero in un modo o nell’altro riconducibili o derivati dalle ampiamente diffuse credenze nel ciclico ritorno dei defunti, degli antenati, degli spiriti dei morti, delle potenze ctonie (concepiti secondo le diverse idee e articolazioni dell’aldilà e ritualmente reificati secondo le diverse tradizioni e dinamiche storiche); [...] i mascheramenti, secondo una pur vasta e multiforme fenomenologia, sarebbero essenzialmente tesi a rappresentare direttamente realtà ultraterrene, segnatamente infere, o comunque a rendere manifesta per tramite di queste la loro presenza (BUTTITTA 2013: 181-2) Da queste tesi quindi deduciamo quale importanza abbia il ruolo delle maschere all'interno delle cerimonie rituali, nello specifico durante il Carnevale; presenza fon- damentale e indispensabile, che con l'irrompere nello spazio-tempo festivo, sanci- scono inscindibili scadenze. Il Carnevale di Oristano è in un certo qual modo anomalo rispetto ad altri Carnevali in cui prevale la trasgressione e l’eccesso in maniera evidente, impetuosa. 198 La Sartiglia, ricalcando la tradizione delle Giostre Medievali infatti, si presenta 197 Le azioni carnevalesche sono generalmente tese a rappresentare, secon o forme, tempi e spazi sanciti dalla tradizione la sospensione e la sovversione di norme e principi, attraverso le inversioni di ruolo, di genere, di status, di competenze, i mascheramenti e i travestimenti, la parodia dei poteri, l'eccesso alimentare, la licenziosità sessuale, i comportamenti verbalmente e materialmente violenti, ecc. Cioè a proporre più che un altro-mondo un vero e proprio anti-mondo, a produrre come largamente ricono- sciuto, il caos, ricordandone così la sua esistenza sempre incombente. Questo però per riaffermare la coesione sociale e i suoi valori fondanti (BUTTITTA 2013:179-180) 198 Se il Carnevale è una festa di capodanno, e segna quindi la transizione da un ciclo passato a uno futu- ro, può forse essere proprio la dinamica dell’alternanza a fondare, a livello profondo, il complesso delle performance che vi ricorrono. Un sistema di correlazioni oppositive che vede disporsi ai due estremi espressioni che rinviano a principi negativi (chiusura, separazione, caos) e positivi (apertura, congiun- gimento, cosmos). Al primo polo appartengono quei comportamenti che denotano aggressività, con- fusione, eccessi del corpo e della parola, mentre all’altro polo si situano le pratiche concilianti, misu- rate, tendenti alla ricomposizione dell’ordine (BONANZINGA 2003: 321) rigida, seria, impostata, le fasi della Giostra sono definite e rispettate, la struttu- ra della festa non prevede una particolare interazione tra le maschere e il pubbli- co che in questo caso è ridotto a semplice spettatore. Tale rigidità, peculiarità interessante del Carnevale Oristanese, è evidenziata an- che nelle caratteristiche estetiche delle maschere stesse: la maschera che copre il viso è sempre la stessa, ricalca la fisionomia umana ma è priva di espressione, senza particolari connotati ed è per tutti i cavalieri uguale; i costumi utilizzati invece possono essere abiti tradizionali sardi 199 o di foggia spagnola. 200 La figura dominante è certamente quella del Componidori : sia quello della domenica che quello del martedì indossano unamaschera simile a quella dei cavalieri, ma più ela- borata, anche in questo caso rappresenta un viso umano senza particolari lineamenti; essendo costruita artigianalmente, si differenziano l’una dall’altra per la composizione 199 Non si dimentichi infatti che la maggior parte dei cavallerizzi in passato era originaria dei paesi limitrofi e per correre la Sartiglia indossava il proprio abito tradizionale, come testimoniano molte foto del 1900. 200 Interessante risulta una prassi di mascheramento praticata ad Oristano fino agli anni ‘70 del 1900. Nel Carnevale oristanese erano presenti specifiche maschere riconosciute dalla comunità, definite “mascaras mabas” Trad. Lett. : M aschere brutte ; si differenziavano dai costumi più ricercati o da- gli abiti tradizionali sardi per la manifattura modesta e povera, il costume veniva talvolta acquista- to o per lo più recuperato dal portatore utilizzando vecchi abiti dismessi e assemblato con mate- riali economici e di riciclo. La maschera che si portava sul viso era di cartapesta cartone o tela, e talvolta si acquistava in cartoleria o veniva fatta in casa; impersonavano personaggi del Carnevale come Pulcinella, Pierrot, Arlecchino, personaggi del cinema oppure streghe, vecchi ecc... “Non rap- presentavano una particolare figura carnevalesca, [...] era semplicemente il modo normale di trave- stirsi e di divertirsi durante il carnevale, con i mezzi e gli abiti che si trovavano in commercio o era- no nelle disponibilità economiche”. Questo modo di mascherarsi non era tipico di una particolare figura, infatti era consono sia tra i cavalieri, che i tamburini o partecipanti al corteo della Sartiglia , o coloro che festeggiavano per le vie e piazze della città. “Tra i cavalieri le mascaras mabas si trova- vano in fondo al corteo, dove partecipavano cavalieri giovani o inesperti o semplicemente persone che sfilavano a cavallo o a dorso d’asino senza partecipare attivamente alla Giostra. Per i tamburini, le maschera mabas (Domino, Pierrot) sono quelle si utilizzavano prima dell’arrivo degli abiti elegan- ti (1956) che invece si utilizzano tutt’ora [...]Per il corteo effettivo della Sartiglia (cavalieri, tamburini) lo spartiacque è segnato dal 1980, altresì noto come “anno dello sciopero”, che portò ad una rego- lamentazione delle figure che partecipavano alla Sartiglia per la quale le maschera mabas non ve- nivano più ammesse”. Pare che queste maschere non avessero quindi un ruolo stabilito nella festa o agissero da disturbatrici, né che avessero una specifica interazione con il pubblico. Queste pote- vano quindi ricoprire diversi ruoli, tra i cavalieri i tamburini tra chi sfilava in corteo, ma anche tra chi si mascherava per festeggiare con i propri amici. Maschere identificabili quindi per le fattezze e la manifattura, riconosciute dalla comunità, che però non agivano un ruolo specifico. Nonostante ciò pare che queste maschere in generale fossero goliardiche e organizzassero degli scherzi: “poteva capitare che qualche cavaliere o qualche personaggio specifico venisse fatto oggetto di goliardate al termine della corsa, quale lancio di arance o uova. Ma si trattava comunque di scherzi indirizza- ti specificatamente [...] non erano disturbatori, ma figli di b****** che facevano scherzi agli amici!”. Intervista a A.S, Tamburino, del 28/07/2017. Intervista a A.F. Del 27/09/2017: “A Oristano uscivano molti sa, e bei cuncodrausu, un certu Var- giu, D, chi fadiada su gommista, quello un anno est bessiu la, cuncodrau tottu cun cameras d’ari- asa, cameras d’ariasa mannas tottu, e unu d’adi bucau tottus is cameras d’arias! Una passada de arangiu! Po no d’afferai sa coa m’arregodo d’ada impiastrada tottu de cosa dellicada, chi d’affera- da s’imbruttada, po istaffasa pottata duas palliasa! Mabadittu cane cussu fudi togo! Per divertirsi! Dietro dei cavalieri vestiti bene, a cavallo lo stesso, bessianta po si divetti, era la sfi- lata solo, dietro tutti i cavalli permessi mi! Eh arrazz’e tempus, bellas mascheradas!” [ Trad. Lett .: E ben agghindati […] faceva il gommista, quello un anno è uscito agghindato con came- re d’aria, camere d’aria grandi, e uno gli ha bucato tutte le camere d’aria! Trad. Lett.: Una passata di arance [l’informatore si riferisce al lancio delle arance che si era soliti fare in presenza de is mascaras mabas ndr] per non prendergli la coda mi ricordo che l’aveva impiastrata di una cosa delicata [presu- mibilmente un unguento grasso ndr] chi la prendeva si sporcava! Per staffe aveva due pale! Maledetto! Quello era forte! […] uscivano per divertirsi […] che bei tempi! Che belle mascherate!".
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