Sa Pippia de Maju
- 139 - - 138 - e Studio Sulla Sartiglia , durante il convegno che abbiamo tenuto il 16/12/2016: “Sa Pippia de Maju: Etnografia e nuove ipotesi di ricerca” testimonia: “Mi ricordo di A.C., Componidori nel 1927, [...] gli chiesi di queste croci con sa Pippia de Maju, niente, lui faceva questo segno, […] degli 8 tipo infinito, degli 8 rovesciati! e in questo senso anche le preziosissime immagini dell’avvocato Sanna, le immagini del 1957, fanno vedere Caddeo...aveva confermato, questa croce non è così documentata” 161 Ciò che risulta evidente è che oggi anche questo aspetto è studiato, vi è infatti chi consiglia il Mastro di Campo di muovere sa Pippia de Maju in un dato modo piuttosto che in un altro ad esempio. Mentre in tempi meno recenti vi era una maggiore naturalezza e spensieratezza nel fare questa Festa, oggi tutti i gesti vengono interpretati con maggior teatralità ed enfasi, emergono e si creano significati che in passato non erano percepiti, o che venivano avvertiti con più naturalezza e ingenuità, il consenso del pubblico esigente è in primo piano. Per quanto riguarda il passato invece, è presumibile che la gestualità praticata da su Componidori durante s’Arremada , in questo particolare momento di benedizione e saluto, fosse costituita da semplici gesti aspersori 162 , che mirassero a spargere sul pubblico i fiori e le erbe di cui era costituita sa Pippia de Maju , inserendosi perfettamente nell’atto di aspergere elementi vegetali e floreali come gesto beneaugurante tipico de “s’Arramadura” 163 . Questa possibile interpretazione, ben s’innesta nella chiave di lettura che viene proposta nella presente ricerca, rimandando appunto a un simbolo di rinnovamento vegetale agito come auspicio di fertilità e abbondanza. Facendo qualche considerazione sul il significato della parola Arremada, valutando i gesti compiuti da su Componidori, descritti dai cronisti ottocenteschi , si potrebbe ipotizzare che derivi dall’atto di ornare le strade con fiori ed erbe con “ s’Arramadura”. È interessante la definizione che descrive il Wagner nel Dizionario Etimologico Sardo: “Arramare-ai: log. E Camp. arromai, camp.”i frascare, ornare di fras he le chiese nelle feste, spargere i fiori per le vie dove passa la processione”, = cat. Enramar “ornar els balcons, finestres i carrers amb rames” (Griera, tres VI, 40), e una enramada o enramadura (in camp. Arramadúra) è in Spagna ciò che in Italia si chiama Fiorita o Infiorat. Arramare potrebbe naturalmente essere un derivato sardo da → rámu; ma trattandosi di un uso ecclesiastico e dato il significato, è più probabile la provenienza spagn-cat. Arròma log. «indovinello, gioco infantile in cui si propone un indovinello da spiegare, e finchè non è spiegato, si danno delle battiture con un mazzo d'erbe» 161 Il filmato del convegno è consultabile sul canale YouTube della Fondazione sa Sartiglia: “Sartiglia Ma- gazine” sotto il titolo: “Convegno Sa Pippia de Maju – Etnografia e nuove ipotesi di ricerca”. Pubblicato in data 21/02/2017. 162 Come si può notare anche nei video amatoriali degli anni ‘50 del 1900. Si veda ad esempio: Costa En- rico 1950 ca. “Sartiglia”. 163 S’Arramadura è un composto di erbe e fiori profumati costituito da: alloro, mirto, menta selvatica, timo selvatico, rosmarino selvatico, vite, pervinca e fiori vari. (Casu). Di queste usanze parla Giandomenico Serra nel suo bell'articolo «La Vermenagna» (Cuneo) e il culto della «verbena» o «vermena» (In Romance Philology V (1952) l'Aut. menziona il vocabolo sardo e lo deriva dal verbo arromai, arramai camp. probm. la forma arromare, esiste anche nel logudoro, benché non è attestata, ed è comunque da presupporre per il derivato» (WAGNER 1960: 117) Quindi si potrebbe supporre che su Componidori agitando questo elemento floreale costituito da erbe e fiori, le disperdesse tra la folla. Così come ancora oggi è usanza in Sardegna e in diverse aree della Penisola, infiorare d’erbe profumate e fiori le strade in cui si celebra il passaggio della processione, le corti delle chiese in occasione dei festeggiamenti per i Santi Patroni, o ad esempio, gli sposi nel giorno delle nozze con grano e petali di fiori nel gesto augurale di fecondità, abbondanza e felicità. Pratica quest’ultima diffusa in molte culture. Un gesto di buon auspicio quindi, che la maschera de su Componidori , rappresentante in quel momento l’intera comunità di Oristano, elargiva a tutti i presenti con l’augurio di prosperità. La mancanza di documenti scritti e orali particolarmente antichi e/o attendibili a riguardo, ci mette davanti un dubbio etimologico da prendere in considerazione: allo stato attuale della ricerca non abbiamo conferma se il termine corretto sia “Remada” o “Arremada” oralmente infatti pare che in linea generale, dagli oristanesi, vengano utilizzati entrambi i termini per definire l’atto compiuto dal Mastro di Campo. 164 In questa sede, si è scelto di utilizzare il termine “Arremada” poiché a parere di chi scrive 164 Trovare la forma originaria di questa parola risulta allo stato attuale delle ricerche particolar- mente complesso, la lingua infatti subisce una serie di trasformazioni, la parola in questio- ne quindi, in un certo momento della storia, potrebbe essere stata oggetto di un fenomeno mor- fologico di natura evolutiva. In particolare si prenda in considerazione il fenomeno della pròstesi. Nello specifico scrive il Wagner: “In sardo la -r iniziale è una vibrante alveolare fortemente rotata come in spagnolo, per questo motivo riceve facilmente una prostesi vocalica. [...] Le attestazioni sono più frequenti nei testi in campidanese antico; ad es.: erriu, accanto ad arriu; orrubia; orrudundu, arrasoni, arrobadia, arramasit, arramanint; arregant, arreendo, erriu. Già dagli esempi riportati si evince che la vocale prostetica è per lo più o- in vicinanza di vocali velari, e- in presenza di vocali palatali, a- se la r- è seguita da a-; però compaiono già fenomeni analogici e si registra una certa preferenza per a- anche in vicinanza di vocali palatali. [...] la zona del Campidano meridionale ha generalizzato arr-; a Cagliari, Sant’Antioco, Villacidro, Mogoro, e verso settentrione ancora a Milis, [...] si trovano solo ed esclusiva- mente forme quali arrìu, arrìkku, arròd.a, arrùi, ecc. A nord della zona che termina con il Campidano di Milis, Busachi, Desulo, Fonni, Baunei, e dunque nel nuorese e nel logudorese, la prostesi non è più usuale, ovvero occorre a massimo, secondo le apparenze, in quelle voci nelle quali la a- dell’articolo femminile forma un’unità sintattica con la r- seguente, fortemente articolata, come in s’arrána, s’ar- ròd.a, che si potrebbero scrivere anche sa rrána, ecc..” (WAGNER 1984: 95-96) Sempre sull’argomento, Vincenzo Raimondo Porru, presbitero filologo e linguista, scrive a proposito nel 1811: “la Protesi è l’aggiungimento di lettera, o di sillaba in principio di voce. Occorre questa figura in que’ vocaboli che cominciano da -r a quali preponiamo la vocale -a e raddoppiamo l’r, come “arrandai, arregalai, arresai, arriri, arròiri, arruinai” ecc, in vece di “randai, regalai” ec. Le quali voci, ed altre mol- tissime possono scriversi d’una maniera e dell’altra. Diciamo però sempre arrogai, arropai arrùiri, ar- rubiu, e simili altri non già rogai, ropai ec. All’opposto benché odasi tutto di “Arremundu, Arrita, arrocca, arroda, arrosa, arrunda” ec. Debbesi ciononostante scrivere Remundu, Rita, rocca” (PORRU 1811: 80) Giulio Paulis, nell’introduzione del lavoro di Max Leopold Wagner “Fonetica storica del Sardo” ana- lizzando il fenomeno della pròstesi scrive in relazione alla vocale prostetica a-: sviluppatasi da- vanti a r- iniziale di parola: “Presentano la prostesi gli odierni dialetti campidanesi e barbaricini (es.: Arròd.a, arròd.a “ruota”< rŏta), mentre le parlate centrali e settentrionali ignorano questo trat-
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