Sa Pippia de Maju
- 105 - - 104 - Pippia de Maju incomincia il suo lavoro e incomincia a inserire i mazzettini all’estremità del manico composto dai rametti di pervinca e piano piano uno dopo l’altro con tanta pazienza li devi legare bene bene, ogni due o tre mazzetti io ci passo il filo robusto, filo da cucito, e stringo sempre [...] io la faccio non piatta, faccio una mezza sfera quasi, un po’ più appiattita una cosa del genere; dopo che è stato montato questo pezzo stringo ancora con del fil di ferro sottilissimo e allora si passa all’altra parte, prima che finisca il confezionamento, le rifiniture che devi fare, la rifinitura che devi fare non è altro che il nastro verde che stringiamo tantissimo, deve diventare durissimo proprio, (una fettuccia verde di circa 3 cm) prima di fare questo confezionamento,[...] sotto il mazzettino delle mammole ci vanno le foglie di edera che le tiene un pochettino sollevate, una volta fatto quello, per tenere un po’ fresche le mammole, avvolgo di cotone inzuppato d’acqua il manico di pervinca in modo che prenda anche una certa forma, perché all’estremità con i rametti delle mammole diventa molto grosso diventa circa sui 4 cm, invece il manico sarà un 2 cm, una cosa del genere, e quindi addolcisce un po’ la forma del manico, la parte centrale del manico rimane un pochino più fine delle estremità, una volta messo il cotone imbevuto allora ci devi mettere del cellophane, perché evita l’evaporazione dell’acqua, una volta fatto quello incominciamo ad arrotolare la fettuccia nel manico, e devi partire dalla parte centrale, non da una estremità, devi partire dalla parte centrale, siamo in due a fare quel lavoro, uno tiene il rotolo della fettuccia e uno tiene sa Pippia de Maju e tiri, tiri sempre e vai arrotolandola sempre a spirale, devi prendere sempre un pezzettino di quello che hai arrotolato prima, quindi diciamo che se è di 3 cm il nastro, devi coprirne almeno 1 e mezzo e anche 2 e ti rimane libero 1 cm, e arrivi fino all’estremità poi dall’estremità devi tornare indietro, sempre stringendo, all’altra estremità e fai lo stesso lavoro che hai fatto per l’altra estremità e quindi torni indietro e si chiude il tutto al centro. Una volta finito di mettere il nastro, allora, dobbiamo cucire e bloccare il nastro con del filo verde e sa Pippia de Maju in poche parole, è quasi finita! Ci vuole un ultimo ritocco, devi tagliare le foglie dell’edera perché ce ne sono grandi, piccole... allora lasci che sporgano un pochino dai mazzettini delle mammole...1 cm, come fosse un mazzolino da sposa che ha quel centrino sotto. Non ho detto prima quanti mazzettini servono... i mazzettini delle mammole sono composti da..io faccio a occhio ma non meno di 10 e non meno di 12 ogni mazzetto, per ogni parte ne confeziono 50, 50 mazzettini da 10, 12 mammolette, quindi diciamo che per ogni parte de sa Pippia de Maju ne occorrono sui 550/600 mammole quindi 1.200 mammole [...] non abbiamo parlato neanche del tempo che ci vuole per confezionarla [...] inizi alle 18, 18:30 anche 19:00 e finisci quasi a mezzanotte perché tottus cominzanta a lereddiae 85 , vengono e controllano e ti dicono «fai vedere di qua fai vedere di là» e ti disturbano [...] prima si trattava di una cosa più semplice...era lunga così [l’informatore mima la lunghezza con le mani, ndr] anche 60 cm, adesso io la faccio di questa 85 Trad. Lett.: Tutti iniziano a chiacchierare lunghezza così , perché fai 1,2,3,4 [l’informatore mima la misura contando per quattro volte i suoi pugni che sovrappone uno sull’altro ndr] sono 33 cm circa, più le mammole che sporgo o, 40 cm, 42 c , non di più [...] [prima ndr] era molto più grossolana, il manico era fatto tipo una fasciatura alla bell’e meglio e molte volte si disfaceva eh, si smontava perché quando fai così [l’informatore mima i gesti aspersori che su Componidori compie con sa Pippia de Maju ndr] si smonta, se non è stretta bene perde le mammole [...] io me lo ricordo quando st vo studiando qui a Oristano negli anni ‘60, vedevo questo mazzo...un mazzo qualunque, non era sofisticato come adesso...dal mio ricordo era fatto...allora ogni mazzo di mammole era fatto tipo palla però non ce n’erano molte di mammole noi le mettiamo strette strette strette strette è per quello che si conservano bene e rimangono fresche tutta la sera, perché quando sono un po’ larghe e non ci mettono quella..... si appassiscono subito e quindi le vedevi già appassite [...] era una sfera però non tutta rasata bene bene come la facciamo noi erano lunghe, corte, e il manico tipo una fasciatura era fatto alla bell’e meglio giusto per tenerla e qualche volta si disfaceva” Da queste testimonianze si evince chiaramente come la tecnica di preparazione de sa Pippia de Maju si sia evoluta nel tempo e che un contributo particolare sia stato apportato dall’esperienza professionale e creativa del Sig. Gianni Sabattini relativamente alla composizione e all’introduzione di specifiche accortezze. Possiamo quindi affermare che dagli anni ‘80 del 1900 questo doppio mazzo di viole mammole abbia subìto un miglioramento evidente nella resa costruttiva. Da quel momento, ha acquisito una particolare importanza per il pubblico e proprio per questo motivo è diventato necessario renderlo sempre, per ogni edizione della Giostra, esteticamente “perfetto”. Oggi sa Pippia de Maju è uno strumento connotato da valori estetici precisi, ritenuti fondamentali dalla comunità e dal pubblico spettatore che lo riconosce, lo apprezza e lo contempla attraverso questi determinati canoni. Attualmente il significato di tale simbolo si esprime in quanto strumento del Mastro di Campo , infatti acquisisce un senso specifico in relazione ai gesti che vengono compiuti da su Componidori . “La benedizione non è u simbolo cristiano, ma è assol tamente un simbolo pagano che riproduce un linguaggio facile a capirsi, cioè praticamente l’atto della croce cristiana non è altro che lo stesso atto che fa il prete quando benedice, ma fatto dal prete è un atto cristiano e quindi religioso, fatto invece dà su Componidori è un atto di comunicazione della stessa cosa, cioè vi voglio bene, vi auguro del bene però lo fa in modo che la gente lo possa capire e quindi è un atto di comunicazione non certo un atto di fede, questo secondo me” 86 Dalle testimonianze raccolte è evidente che fino a circa gli anni ‘70 del 1900 non esisteva la cura che viene riservata oggi per la composizione di tale simbolo; In 86 Intervista a L.C. Del 10/02/2014
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