Sa Pippia de Maju

dite avrebbero dovuto garantire le spese dell’organizzazione della Giostra che, pena la perdita dei diritti sul fondo, necessariamente avrebbe dovuto tenersi ogni anno, l’ul- tima domenica e il martedì di Carnevale. Ed è proprio la Sartiglia e il Carnevale, come ben rappresenta lo studio di Erika Meles, un contesto “privilegiato” come momento dell’anno che ben si presta alla fenomenologia del “risveglio vegetale”, alla quale sem- bra rimandare la ritualità legata a sa Pippia de Maju . L’attuale utilizzo de sa Pippia de Maju , ad appannaggio esclusivo del Componidori, in talune fasi specifiche della manifestazione, potrebbe rimandare quindi all’assimilazio- ne di una “liturgia”, forse inizialmente legata ad altri contesti rituali e verosimilmente praticata in un diverso momento dell’anno. La “bambina” o “mazzolino” di “maggio”, queste le possibili traduzioni dei termini dalla lingua sarda che individuano il nostro simbolo, indicano ad un tempo sia l’aspetto floristico-vegetale, che rimanda al risve- glio primaverile, sia al mese di maggio, riconosciuto in diverse culture e tradizioni come il momento per eccellenza della fertilità, così come ricorda la stessa etimologia del nome “Maggio”, dal corrispondente mese dell'antico calendario romano Maius , de- dicato alla divinità latina Maia, dea dell'abbondanza e della fertilità. In questo senso, come si ricorda anche in questa ricerca, immediato è il collegamento con le cerimo- nie di Maggio. Un esempio è rappresentato dalla festa del Calendimaggio della città di Firenze che il primo giorno di maggio, tra il Medioevo e il Rinascimento, celebrava il ritorno della primavera ed il rifiorire della natura. Di primo mattino i giovani si adden- travano nei boschi per cogliere arbusti e fiori di campo, successivamente, “facevano entrare il Maggio nel paese”, cantando ed appendendo i fiori sui balconi delle case. Il popolo, in festa, seguiva il corteo dei bambini che portavano i rami fioriti ed eleggeva la “ regina di maggio ”. “ Piantare il maio ” consisteva nel fissare il ramo ornato di fiori e nastri variopinti sulla porta della donna amata, nella piazza si innalzava il palo del maggio e attorno ad esso si danzava e si tenevano brevi rappresentazioni teatrali, chia- mate “ maggi ”. Nella celebre ballata del Poliziano, “ Ben venga maggio ”, l’autore descri- ve proprio questi riti in cui i giovani offrivano rami fioriti, dal poeta definito nella poesia il gonfalon selvaggio , alle loro innamorate, prendendo parte poi a giostre e a gare per conquistarne il cuore, nel pieno della primavera, vista come la stagione dell'amore per eccellenza. La valenza propiziatoria della Sartiglia di Oristano ci appare manifesta sin dalle sue prime edizioni attualmente documentate. Tutte infatti, sino al 1750, fanno registra- re l’organizzazione dell’evento per celebrare e ben augurare il futuro dei festeggiati, trattandosi quasi esclusivamente di nascite e matrimoni di principi. Pur registrando, in quelle lontane edizioni, straordinari addobbi di rami di alloro nel teatro della corsa, ed in particolare, disposti nella facciata del Palazzo di Città, da dove le autorità civiche assistevano ai divertimenti equestri, ci sembra che l’abbinamento giostra-elemento vegetale/floreale vede in sa Pippia de Maju la sintesi di questo binomio nella Giostra oristanese. Non sfugge in questo studio di Erika Meles lo straordinario rapporto tra sa Pippia de Maju e i bambini, storicamente attestati come custodi dello “scettro” de su Componid ri durante alcune fasi della Giostra, né passa inosservato il “momento topico” de sa remada , la galoppata finale de su Componidori che, ultimate le corse alla stella, saluta il Gremio e tutta la popolazione presente, riverso all’indietro sul cavallo, con il volto al cielo, mentre con grandi aspersioni e segni di croce, “benedice” la folla. La corsa de sa remada , verrà nuovamente riproposta dal Componidori al termine della corsa a pariglie, ma questa volta con la sua pariglia al completo. A tal proposito, ci sembra interessante richiamare la produzione in ceramica, attestata sia nella tradizio- ne oristanese ma non solo, di figure di cavalieri a cavallo nella posizione de sa rema- da . È documentato che tali “simulacri” venissero sistemati nei tetti delle case, talvolta proprio sui comignoli, con una valenza apotropaica. A sottolineare la simbologia e il significato de sa remada del Componidori, che con la fenomenologia e la ritualità de sa Pippia de Maju non compie una “esibizione” ma un vero e proprio rito all’interno della manifestazione Sartiglia, è l’augurio « attrus annus mellus» , voto e desiderio di speranza che segue immediatamente al passaggio del Componidori, scambiato tra i componenti del Gremio, tra i cavalieri e tra tutta la popolazione che assiste. Ma se lo scettro floreale de su Componidori , offerto attraverso le diverse forme di aspersione o “benedizione” sul Gremio e più in generale su tutti coloro che parteci- pano all’evento, evoca ed impetra l’abbondanza e la fertilità, non è certo l’unico. Sono stati numerosi in passato gli studiosi che hanno voluto individuare nella stessa Giostra all’anello o alla stella, la corsa dei cavalieri che armati di spada o di lancia, infilando il bersaglio, simulano l’atto del concepimento e quindi il simbolo stesso della fecondità e della vita. Non è un caso che ancora oggi, secondo una certa tradizione popolare, il maggior numero di stelle colte durante la Sartiglia, è di buon auspicio per su Componi- dori , per il Gremio e per tutta la comunità. Altri simboli e rituali legati alla rigenerazio- ne e alla fertilità sono rappresentati dai chicchi di grano e dai petali dei fiori che sono più volte aspersi dalle donne del Gremio nel corso della manifestazione. Richiamando una ritualità comune in Sardegna a diversi contesti, come le feste dei Santi o in occa- sione dei matrimoni, dove mamme e donne mature della famiglia “benedicono” con l’aspersione di grano e petali profumati l’uscita dalle rispettive case lo sposo e la spo- sa diretti in chiesa, o la nuova coppia, al termine della cerimonia religiosa, così, nelle giornate di Sartiglia, is Priorissas , le mogli dei componenti dei gremi, salutano l’uscita dalla casa de s’Oberaiu Majori , la bandiera del Gremio e il cavaliere designato al ruolo di Componidori , che si avviano in corteo verso il luogo dove avverrà la cerimonia della Vestizione. Anche sa mesitta , il tavolo su cui avviene la Vestizione e quindi la “trasfi- gurazione” del cavaliere che diventerà Mastro di Campo ad opera delle Massaieddas , è cosparso di chicchi e spighe di grano oltre che di petali di fiori. Ultimata la Vestizione, ancora una volta, is Priorissas accompagnano l’uscita de su Componidori a cavallo dalla sede dove è avvenuta la cerimonia, con il l’aspersione di chicchi di grano e petali e in- vocando la protezione del Santo Patrono della corporazione, augurando al capo della corsa fortuna e la buona riuscita della manifestazione. La Sartiglia di Oristano, grande tradizione vivente che ha accompagnato la storia della città, offre ancora oggi un complesso cerimoniale che attende di essere compiutamen- te penetrato e compreso. Questa cerimonia della tradizione si offre a noi come il risul- tato di uno straordinario sincretismo cultuale e culturale cha ha saputo adattarsi nei secoli, gelosamente custodita e salvaguardata dai gremi, favorita e supportata dall’Isti- tuzione Civica e dall’intera comunità oristanese. Su Componidori è il “sacerdote” di questa cerimonia, ogni oristanese si immedesima in lui, su di lui si riversano le aspettative e le speranze di una comunità intera. L’essenza di questo sentimento è racchiusa nell’augurio, rivolto da generazioni, al primo vagito, a ogni bambino oristanese: « a du connosci Componidori! ». Maurizio Casu Responsabile Centro Documentazione e Studio sulla Sartiglia.

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