Le torri, le porte e le mura medievali della città di Oristano

77 vato numero di edifici religiosi favorisce la fondazione di sodalizi come le confraterni- te o confradias . Presenti anch’esse in buon numero, svolgono pie attività come l’orga- nizzazione e l’accompagnamento dei riti liturgici durante l’anno, dei riti funebri per i cittadini e tutta un’altra serie di iniziative a carattere sociale che compensano la man- canza di un’assistenza pubblica. La sicurezza della città e del suo territo- rio è affidata alle compagnie dei barracelli, alla milizia cittadina e alle guardie delle tor- ri costiere. La compagnia dei barracelli svolge sostanzialmente compiti d’ordine pubblico, prevenzione dell’abigeato, tutela e controllo dei raccolti e dei terreni semina- tivi. Le compagnie di cavalleria e di fante- ria, suddivise tra milizia cittadina e milizia dei borghi, sono formate in base al censo. L’immissione nei ranghi della cavalleria è riservata ai cittadini che possiedono cavalli e possono permettersi il loro mantenimen- to. Tuttavia, come si apprende dalle richie- ste del consiglio civico inoltrate nel 1633 al Parlamento de Urrea, la nomina dei capita- ni di cavalleria della città e dei borghi non sempre viene finalizzata per insegnare ai vassalli le nozioni della disciplina e della pratica militare. Spesso tali nomine vengo- no concesse a capitani che non sono pratici nell’arte militare e approfittano del loro grado solamente per molestare i poveri sudditi con inique multe. 63 In queste condizioni generali, Oristano viene travolta da un avvenimento inquadra- bile nel vasto panorama europeo della guer- ra dei Trent’anni (1618-1648). La sera del 21 febbraio 1637 venti vascelli da guerra si affacciano nel golfo di Oristano, gettano le 63 Cfr. ASCO, Sezione Antica, Capitoli di Corte , fasc.28, punto 31, cc.17 r -17 v . 64 Cfr. A. Canales de Vega, Invasion de la Armada Francesa del Arçobispo de Bordeus, y Monsiur Enrrique de Lorena Conde de Harchout, hecha sobre la ciudad de Oristan del Reyno de Cerdaña , Gobetti, Cagliari 1637. ancore al largo della Torre Grande senza far- si identificare e dare alcun segno di ostilità. La mattina successiva un ulteriore squadra di venticinque vascelli entra nello stesso gol- fo mostrando chiaramente le insegne con i gigli del re di Francia. L’armata navale al co- mando di Enrico di Lorena conte d’Har- court si riunisce nella baia, piega la resisten- za dell’esiguo numero dei torrieri, e sbarca sul lungo litorale, in una serie di ondate suc- cessive un’armata composta da settemila uomini. 64 Nel pomeriggio del 22 febbraio, domenica di carnevale, il conte d’Harcourt e l’arcivescovo di Bordeaux con cinquemila soldati si dirigono verso Oristano guidati da marinai marsigliesi che conoscono bene la strada. Dopo aver abbattuto la porta della torre di SanCristoforo a cannonate, le trup- pe francesi tra le quali si conta una numero- sa componente di ugonotti, entrano in una città completamente deserta, la devastano e depredano per tre giorni consecutivi. Vengono dati alle fiamme alcuni archivi, sottratti gli arredi e gli argenti nelle chiese, danneggiati gli edifici e saccheggiati i magaz- zini del grano. I francesi, soprannominati “ sodraus grogus ” per il colore giallo predo- minante nelle loro uniformi, vedendosi ac- cerchiati dalle truppe del regno di Sardegna si ritirano il giorno 26 febbraio, ricorrenza di Sant’Alessandro vescovo, dopo aver in- cendiato la torre di San Filippo quale segna- le visivo per la loro flotta che deve prestare assistenza alle truppe in ritirata verso il mare. Nei pressi della località “ Palloni ”, l’o- dierna località Madonna del Rimedio, le fanterie sarde al comando di Don Diego Aragall attendono le truppe avversarie e ne

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