Le torri, le porte e le mura medievali della città di Oristano

53 poi in Nostra Signora della Misericordia. Tale culto viene introdotto in Sardegna proprio da Giacomo II con la presenza di frati mercedari nel sopraindicato borgo fortificato che verrà chiamato di Bonaria, dopo il ritrovamento da parte degli stessi del simulacro della Vergine sul litorale di Cagliari nel 1370. I frati mercedari si oc- cupano della liberazione e redenzione dei cristiani ridotti in schiavitù nelle incur- sioni moresche, una vera e propria piaga che affliggerà le coste dell’oristanese per ben dieci secoli consecutivi. Pertanto vi- sto il fine estremamente utile di questo ordine religioso a livello locale, è possibile l’insediamento di una comunità mercedaria ad Oristano in tali frangenti, che porterà alla costruzione della piccola chiesa e annesso convento de sa Miseri- cordia a poca distanza dalla cattedrale in un momento che è tuttavia ancora da approfondire. Ma nonostante le celebrazioni religiose servano a rinsaldare i legami all’interno delle comunità, l’alleanza tra quella catala- na e quella genovese ha breve durata. Le tensioni tra la due superpotenze per il con- trollo del Mediterraneo si acuiscono sin dal 1330 per sfociare in un lungo conflitto che, per quanto concerne lo scacchiere sar- do, verrà deciso nella battaglia navale di Porto Conte nell’anno 1353. L’esito sarà pesantemente infausto per le armi genove- si, con gravi perdite in termini di vite uma- ne e la conseguente conquista della città di Alghero da parte dei catalano-aragonesi. Questa politica espansionistica non incontra il favore del Giudice d’Arborea, il quale intuite le reali intenzioni di Pietro IV, appoggia la causa genovese attraverso 39 Cfr. CNR, Procesos contra los Arborea , vol. VI, a cura di Chirra-Farris-Grieco-Patricolo, Edizioni ETS, Cagliari 2008, c.30. l’invio di armi e vettovagliamenti agli as- sediati di Alghero, e commette atti di ma- nifesta ostilità verso i territori e i castelli sotto il controllo iberico. Atti che si verifi- cano anche ad Oristano, dove in assenza di Mariano IV, due ufficiali sobillano la folla che infrange le porte delle carceri giudicali e uccide quarantadue catalani detenuti al loro interno. Dalle tinte anco- ra più oscure è la testimonianza che vede i cadaveri dei catalani gettati tamquam ca- nes per vias et fossos ipsius terre iuxta mu- ros , ovvero nei camminamenti e nei fossa- ti della cinta muraria urbana. 39 La strategia di logoramento intrapresa dal sovrano arborense ottiene pieno suc- cesso e costringe Pietro IV d’Aragona a patteggiare una tregua che si evolverà poi nella pace di Sanluri siglata nel 1355. Un accordo molto fragile che si interrompe nel 1364 con la ripresa delle ostilità da par- te di Mariano IV che cerca di trarre vantag- gio dalla guerra scoppiata tra i regni di Castiglia e Aragona. In breve tempo le truppe arborensi che contano tra i dodici e i quattordicimila uomini, ivi compresi mercenari inglesi, tedeschi, lombardi e to- scani, si espandono in tutto il territorio isolano. Il Giudice d’Arborea nel 1366 iso- la completamente il castello di Cagliari di- struggendo i suoi borghi e le saline, mentre nell’anno 1367 ottiene il controllo su Castelgenovese grazie alle trattative per un possibile matrimonio della figlia Eleonora con Brancaleone Doria, e infine pone l’as- sedio alla città di Alghero diventata catala- na in seguito alla pace sopraindicata. L’anno successivo, avendo avuto noti- zia dei preparativi di una poderosa armata diretta a stroncare la sua ribellione,

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