NOSTRA SIGNORA DEL RIMEDIO DI ORISTANO - Storia, fede e devozione

-  100  - Il santuario, consacrato dallo stesso Mons. Fraghì il 13 maggio 1956, fu elevato alla dignità di Basilica minore con Lettera apostolica del 26 aprile 1957. L’altare maggiore fu eretto solo nel 1806 e lì, successivamente, fu posta una nicchia (il 23 aprile 1893) all’interno della quale fu custodito il simulacro della Madonna del Rimedio. Come già detto, sull’autore dell’opera non esistono documenti sufficienti ma esiste uno scritto nel quale si cita di un pagamento, effettuato il 18 marzo 1629, ad Alessandro Casola come procuratore di Amatuccio, il quale ricevette il saldo dal Mura, allora consigliere, per aver completato un retablo commissionatoli e per aver “rinnovato” la statua della Madonna del Rimedio. Si parla di una ridipintura a colore e oro, ma non è possibile constatare se la statua in questione è quella della Vergine del Rimedio del santuario o quella del Duomo di Oristano. Solo il restauro potrà fare chiarezza. STATO DI CONSERVAZIONE PRIMA DEL RESTAURO Lo stato di conservazione della scultura era celato da due strati di pittura (tem- pera e colori a olio), applicati in vari periodi, che ricoprivano sia le vesti che gli in- carnati e il basamento. Tuttavia la presenza di lacune di materiale pittorico lasciava- no intravedere il legno della scultura che appariva compromesso dalla presenza di numerosi fori di sfarfallamento prodotti dagli agenti xilofagi (volgarmente chiamati tarli). Si potevano notare piccole aree completamente vuote localizzate soprattutto sul retro della veste, sulla sommità del capo e nel naso del Gesù Bambino e all’inter- no del basamento, dove si concentravano in modo più massiccio. Sempre attraverso le mancanze è stato possibile intravedere tracce di oro zecchino, steso su bolo rosso, che subito hanno fatto pensare alla presenza di una decorazione in Estofado. Per quanto riguarda gli incarnati originali anche questi sono stati completamen- te ricoperti da una pittura a olio che risultava molto alterata da impurità di varia natura. La pellicola pittorica si presenta sollevata e lacunosa in più punti, in alcuni casi era visibile la preparazione, mentre in altri era caduta anch’essa. Nelle zone de- gli assemblaggi e nei sottosquadri le ridipinture erano maggiori. Anche il basamento risultava completamente ridipinto, compresa la scritta “LA V. DEL REMEDIO”, da una pittura a tempera verde scuro, sulla base di appoggio, e da un verde più chiara ai lati. Le cornici, invece, erano dorate con porporina com- pletamente ossidata. Nella figura del Gesù Bambino era completamente mancante l’indice della mano destra. LA TECNICA DELLO SGRAFFIATO O ESTOFADO DE ORO Per i doratori del tempo, significava raschiare con un punteruolo il colore steso sulla doratura, era molto utilizzata nelle decorazioni della scultura lignea policroma. L’origine di questa ricca modalità sembra partenopea, quanto la diffusione del nome spagnolo della tecnica, giacché i campani, in seguito alla dominazione spagnola, si misuravano fittamente con la cultura iberica. Da qui discende la definizione di esto- far, che appunto a quel mondo si riferisce. Da Napoli, poi, parecchi artisti partirono per altre località diffondendo la tecnica anche se questa decorazione su scultura si troverà in secoli e periodi diversi, diffusa in tutta Italia, in Europa ed in Spagna.

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