L’origine è la meta

171 Contini spiega la sua visione dell’arte come autentica libertà di espressione e mezzo potente per comunicare i propri stati d’animo. Guardate - dice il pittore - e ditemi se ho raggiunto qualcosa, se c’è qualche conquista in quanto ho fatto finora perché nel viaggio della mia ter- ra il viatico sia la vostra parola . (dal Ca- talogo della Mostra personale, Oristano, luglio 1949) Anche quando si cimenta con esiti cu- bofuturisti e sintesi quasi astratte non sembra dar avvio ad atti goliardici o a in- giustificati e irrazionali esperimenti arti- stici, ma sembra voglia uscire dai canoni tradizionali per affrontare un linguaggio estetico nuovo, diverso dal solito, che si presta a diverse interpretazioni e solu- zioni. Nei suoi quadri i colori sono quelli che determinano la materia e che si pre- stano a molteplici e accesi giochi di luce e in modo sintetico ricreano la forma dell’oggetto rappresentato. Dipinge un numero cospicuo di nature morte florea- li, altro soggetto adatto per cimentarsi in nuove sperimentazioni. “Lo studio dove lavoro è una mode- sta stanzetta a pianterreno prospicien- te per un angusto pertugio ad un ango- lo di giardino tutto sole e smagliante di gerani e di dalie, di tulipani e di rose che una vecchierella innaffia e cura con amore- mia madre! perché io li colga allorquando l’estro mi incatena a una natura morta...” (Da Venezia, V. Schi- vo Intervista sul “Quotidiano Sardo”, 2 gennaio 1949) A Oristano Contini instaura un profon- do e sincero rapporto di amicizia con i suoi concittadini, che familiarmente lo chiamano “Lelletto”. Stimato e apprez- zato per la sua forte umanità e l’attitu- dine verso la pittura, riceve numerose commissioni di vasi di fiori e ritratti e continua a dipingere e sperimentare con altri temi e soggetti tanto che risulta più frequente la partecipazione dell’artista a mostre ed esposizioni d’arte nell’Isola e in varie regioni d’Italia. Durante la Seconda guerra mondiale realizza un dipinto a olio raffigurante Il Cristo di Nicodemo dove Contini trasfe- risce in pittura la sofferenza dell’omoni- mo crocifisso ligneo, considerato uno dei più importanti capolavori della scultura europea, conservato nella Chiesa di San Francesco a Oristano. Per scongiurare il pericolo di danneg- giamento da parte dei bombardamenti, i frati francescani decidono di proteggere con sacchi colmi di sabbia la scultura del Cristo entro una nicchia ricavata nel muro della chiesa. Carlo Contini decide dunque di accettare l’incarico e realizza una copia su di una tavola rettangolare con centina su cui dipinge la figura dolente del Cristo in Croce che dovrà sostituire la scultura per tutto il tempo necessario. L’opera di Contini vale pertanto come documento di non poca importanza an- che perché comprova le differenze della scultura esistenti prima e dopo il restau- ro, avvenuto al Centro Restauri di Roma nel 1955. “L’iconografia Christi” diventa tema do- minante nel percorso artistico del pit- tore oristanese di questi anni tant’è che realizza tutta una serie di studi e bozzetti per piccole e grandi processioni. Ed è in queste opere che il Cristo mor- to viene rappresentato con un nuovo si- gnificato cromatico che lo spoglia di tut- ti gli accenti moralistici per caricarsi di una notevole tensione mistica. Lo stile rigoroso e immediato semplifica le forme mentre le figure si deformano e si stiliz- zano in modo espressionistico.

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