La Sartiglia

62 Al vincitore della Sartiglia del 1547, che celebrò le gesta di Carlo V, fu donato un drappo di stoffa preziosa. Ma forse già contavano l’onore, il prestigio, prima ancora del compenso. Erano i tempi dell’anello, che rievocava le età delle Crociate, della cavalleria, della disfida cortese. C’era molta Spagna, ma non solo. Si festeggiavano grandi eventi, legati soprattutto alla nobiltà, ma poi fu la storia ad appropriarsi della festa di Oristano. La storia e le sue evoluzioni. Dai feudatari alla borghesia, al popolo. Con i Gremi, e cioè le corporazioni del lavoratori, a tirare le redini. E nel frattempo l‘anello era diventato una stella. Il momento che più affascina gli oristanesi, da tempo immemorabile, e le folle che crescono ogni anno, è in quei minuti di giostra. La galoppata che si ripete per sfidare il cerchio è il culmine del rito, perché è il numero di stelle infilate che garantisce la buona sorte. Si guarda l’ondeggiare dei costumi, le sfarzose decorazioni dei cavalli, la forza e la precisione dei cavalieri, e si pensa che in quelle corse c’è un racconto che non si può perdere. È in lizza anche una buona balentia, che galoppa insieme al rischio (si legge pure il sangue tra le cronache della Sartiglia), magari un riscatto individuale. E al fondo, sempre, l’affermazione dell’identità di una comunità, dai tempi dei giudicati e poi da quelli della dominazione spagnola che certo conosceva l’oppressione. Il protagonista, il maestro delle danze, è sempre su Componidori, tra gli squilli di tromba e le rullate dei tamburi. È lui che saluta e passa sotto il nastro verde che regge la stella, guardato dal campanile della Cattedrale. È lui che tenta la sorte per la prima volta, seguito dai suoi aiutanti. È lui che decide chi e quanti cavalieri correranno lungo la strada terrosa. Ed è ancora lui che con la spada di legno, “su stoccu”, alla fine del gioco ha l’onore di riprovare la conquista della stella, insieme al segundu e terzu cumponi. Ed è ancora lui che chiude la disfida con l’ultimo atto di coraggio, la corsa sfrenata riverso sul cavallo. “Sa remada”. Un altro rito, un altro mistero.

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